sabato 17 agosto 2013

Marissa K. Lingen, Il Ministero del Cambiamento

Illustrazione di Julie Dillon.


Per gentile concessione dell’autrice e di Tor.com ho avuto il permesso di tradurre in italiano questo interessante racconto che mi ha ricordato un po’ le atmosfere orwelliane di 1984 e quelle di Minority Report.
Forse sarò un patito delle ambientazioni distopiche, oppure il racconto merita davvero; lascerò che siano i lettori a giudicare.


Anteprima
 Fantine era molto fortunata a lavorare per il Ministero del Cambiamento. Aveva sentito sua madre dirlo alle vecchiette dell'isolato troppe volte per dimenticarsene e ciò che le vecchiette sapevano diveniva verità tramite una qualche alchimia sconosciuta persino al Ministero.
"Dopo ciò che è successo a Reginald...", avrebbe detto sua madre e le vecchie avrebbero sibilato "Sì, sì", desiderose di distogliere al più presto il discorso da Reginald.  Reginald era il padre di Fantine e nessuno aveva voglia di parlarne troppo a lungo, men che meno porre troppe domande sbagliate, cosa che era stata uno dei suoi principali difetti. Era scomparso dopo aver criticato il modo in cui il governo aveva gestito l'epidemia di peste colerica terziaria, cinque anni prima.
"Dopo ciò che è successo a Reginald non so cosa avremmo fatto, se il Ministero non si fosse interessato a Fantine."
"Beh, si occupano di lei sotto ogni aspetto.", avrebbe detto la vecchia signora Wu, sollevando una delle sue tovaglie da tavola ricamate, prima di appenderla ad asciugare. Nessuno sapeva come la vecchia signora Wu avesse avuto le tovaglie che un tempo tutti avevano, ma le lavava tre, quattro volte a settimana ed erano la decorazione del quartiere che sventolava sotto la brezza come bandierine votive, o di resa, cosa che la vecchia signora Wu non aveva mai fatto nella sua vita, né lo avrebbe mai fatto, che Fantine o chiunque al Ministero potesse vedere. La vecchia signora Wu era una dei monoliti della vita, un'ancora, una pietra angolare.
"Com'è che ci sono così tante parole che hanno a che fare con le pietre?" Chiese Fantine a Mercutia, che lavorava al ministero da quando Fantine ancora andava a scuola.
Mercutia fece spallucce. "Non è compito mio saperlo. Chiedi a qualcun altro."
"Come mai ci fanno fare la pausa cioccolata ogni giovedì mattina? È bello. Non avevo mai nemmeno visto del cacao prima..."
"Lascia che ti spieghi." Mercutia bevve un sorso dalla sua tazzina di cioccolata, dal momento che era giovedì mattina e dunque il giorno in cui il loro collega Hector scendeva con calma nel caveau e versava una quantità razionata di polvere di cacao nella casseruola. "Ai vecchi tempi, la gente beveva cioccolata quando voleva. Prima della guerra."
"No!"
"Sì, invece.", affermò Mercutia, le treccine che le rimbalzavano contro il collo, così come i suoi simboli. "E a noi la danno per ricordarcene. Per ricordarci di com'era, di come... Di come vogliamo che sia. Quando venne fondato il Ministero, si sperava che noi avremmo potuto controllare il cambiamento, invece di fare grafici e classificazioni."
Questa scoperta sconvolse Fantine talmente tanto che rimase insolitamente silenziosa per il resto della pausa cioccolata, persino fino all'ora di pranzo, quando Mercutia ed Hector dovettero punzecchiarla per far sì che fosse di qualche compagnia durante il pasto. Suddivise le carte e le chiavi, la sua principale occupazione, in maniera meccanica, mentre i tubi pneumatici li portavano lontani da lei, fino al cuore del Ministero. Guidare il cambiamento della nazione, del mondo, invece di tracciarne solo un profilo? Sembrava quasi un'eresia.
Di certo non sembrava qualcosa concessa a qualcuno con la paga di Fantine, indifferentemente da ciò che il resto del Ministero stava facendo. Il suo lavoro consisteva nell'ordinare le chiavi in base alla forma e alle dimensioni, cosa abbastanza semplice, che tutti i suoi compagni di classe avrebbero potuto fare, e catalogare i sogni nelle cartelle appropriate. I sogni erano più difficili da ordinare. Dovevano essere raccolti assieme agli indizi delle predizioni dei sogni passati e con la conoscenza di quanto un sognatore individuale potesse spingersi nel futuro. Adesso che era un'esperta, Fantine lavorava su centinaia di file di sognatori a settimana e ciò era piuttosto difficile. Non aveva idea di come li avrebbe indotti a sognare in maniera differente. Non li aveva mai incontrati, non aveva nemmeno mai visto i loro nomi; erano solo numeri e codici colore e schede compilate a mano.
Eppure, l'idea la intrigava talmente tanto che continuò a giocherellarci mentre tornava a casa, al punto da quasi non accorgersi che il percorso del tram era stato modificato per compensare le perdite causate dal bombardamento di quel pomeriggio che si era abbattuto sul quinto distretto. Dovette prendere la linea viola e poi quella gialla invece della solita verde e arrivò a casa abbastanza tardi da vedere sua madre seduta sui gradini che diceva alle vecchiette che, sebbene fossero fortunate che il Ministero del Cambiamento si fosse interessato a Fantine, era ogni volta un mistero se si sarebbero mai più riviste. Si accorse tardivamente delle macerie sotto i suoi piedi, portate fin dal quinto distretto, e del modo in cui le sue dita odorassero ancora delle chiavi ramate.
"Sono qui, Mamma," disse, e poi di nuovo, come se tutte la stessero fissando, "Sono qui.". Sollevò sua madre per il gomito coperto di mussolina e la condusse nel loro appartamento. Per cena c'erano patate e i resti del maiale della sera prima, preparato con i resti del lunedì. Il Ministero del cambiamento non aveva mai mostrato il minimo interesse per la madre di Fantine.
"Perlomeno oggi non ho dovuto mettermi in coda per il razionamento," blaterò la madre di Fantine, "ma il bombardamento, oh, è nel quinto distretto che incontrai tuo padre e conoscevo tante persone lì... La maggior parte è stata evacuata, ma ci saranno dei rifugiati che vivranno in qualche pertugio... Non sorprenderti se dovremo ospitare tua cugina Desiree per qualche tempo... E credo che manchi almeno una delle figlie dei Chao, proprio non la si trova, e..."
"Madre", disse Fantine, e poi con ulteriore enfasi, "Mama. Siediti. Fai cena. Mangiati le tue belle patate. Non posso mangiarle tutte io, anche tu domani dovrai lavorare."
Sua madre scoppiò in lacrime, ma mangio le sue patate e ascoltarono la radio assieme. Il Ministro di Stato disse che avevano un piano per evitare che il nemico usurpasse altri distretti e c'era una nuova canzonetta allegra che tutti dovevano imparare. Fantine e sua madre la ripeterono a dovere. Poi uscirono sui gradini per ascoltare ciò che tutti avevano da dire sulla trasmissione e sui loro sogni, su cosa tutto ciò poteva significare.
Ti-Jean, il nipote della vecchia signora Wu lavorava al Ministero della Guerra ed era pieno di spacconate egocentriche sui nuovi movimenti di truppe e come avrebbero cacciato il nemico. Voleva solo poter fornire altri dettagli. Tutti volevano chiedere a Fantine cosa avesse detto il Ministro del Cambiamento, ma nessuno voleva essere quello che avrebbe porto la domanda. Fantine non aveva mai detto loro molto da quando aveva iniziato a lavorare lì e i suoi vicini pensarono che fosse perché il suo lavoro al Ministero fosse coperto da segreto.
Fantine era troppo in imbarazzo per parlar loro delle pause cioccolata o del modo in cui sapeva ordinare le chiavi, quelle grandi e quelle piccole, il dolce tonfo e risucchio che i contenitori per il tubo pneumatico facevano, cosi isolato dai bombardamenti di fuori.
 [Continua…]

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L’immagine di copertina è opera di Julie Dillon

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