No, non ho dato una capocciata alla
tastiera e non sto nemmeno citando una canzone degli
Elii.
Se avete prestato attenzione alle lezioni di inglese durante le
superiori avrete forse sentito il professore usare questa “parola”.
Si tratta di una sigla (anche se è più corretto chiamarla
“inizialismo”) che viene usata come mnemonico nell'insegnamento
dell'inglese per memorizzare la struttura della frase.
Time – Subject – Verb
– Object – Mode – Place – Time
ovvero
Tempo – Soggetto –
Verbo – Oggetto – Modo – Luogo – Tempo
TSVOMPT è in realtà una
“estensione” della sigla SVO, Soggetto-Verbo-Oggetto, adattata
alla lingua inglese. In tipologia linguistica SVO sta ad indicare una
lingua in cui la costruzione della frase semplice segue nella
maggior parte delle volte
l'ordine Soggetto-Verbo-Oggetto (e in seguito vedremo perché è il
più delle volte e non sempre).
Nelle
lingue del mondo sono attestati tutti e sei gli ordini possibili, con
questa distribuzione (secondo Tomlin, 1986):
Lingue
SOV (44,78%);
Lingue
SVO (41,79%);
Lingue
VSO (9,2%);
Lingue
VOS (2,99%);
Lingue
OVS (1,24%);
Lingue
OSV (<1 p="">
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Da
sole, le lingue SOV ed SVO costituiscono l'85% delle lingue parlate
nel mondo. È però vero che altre ricerche (Mallinson & Blake,
1981) sono pervenute a risultati lievemente diversi, dal momento che
Mallinson e Blake hanno usato un criterio di classificazione
differente da quello di Tomlin. In particolare, l'11% delle lingue
considerate veniva etichettata come “non classificato” e il 7%
come “altro” (vedere
qui
per approfondimenti).
Ovviamente,
in diacronia (ovvero nel corso del tempo) le lingue possono cambiare
l'ordine delle parole “standard”: è questo il caso che si è
verificato nel passaggio dal latino al toscano (e dunque, a partire
dal Cinquecento, all'italiano). Il latino, infatti, pur consentendo
qualsiasi ordine delle parole, utilizzava estensivamente l'ordine
SOV, che si è conservato fino ai giorni nostri nel siciliano, ma non
in italiano (Marazzini,
2010). Vi
siete mai chiesti perché nei romanzi (e anche nei film) del
Commissario Montalbano, il protagonista si presenta dicendo
“Montalbano sono”. Ecco, ora lo sapete. Se però il siciliano è
più conservativo rispetto alla sintassi latina, lo stesso non si può
dire, ad esempio, del suo sistema fonologico: il vocalismo in sillaba
atona a tre fonemi (a, i, u) potrebbe essersi originato dalla
sovrapposizione dell'isoglossa dell'arabo a quella del siciliano.
Anche
l'italiano, però, in alcuni casi può fare a meno dell'ordine SVO,
in particolare quando c'è il bisogno di
mettere in risalto un componente che non sia il soggetto, la
cosiddetta “sintassi marcata”.(Bonomi, in Bonomi, Masini, et al.,
2010). È il caso delle dislocazioni a sinistra e a destra. La prima
si ha quando un elemento che dovrebbe trovarsi in fondo alla frase
(il tema), in particolare un complemento oggetto, ma anche un
complemento indiretto, un partitivo o un'intera proposizione, viene
posizionato all'inizio.
Esempi:
(1)
Nessuno parla più l'italiano. → L'italiano non lo parla più
nessuno.
(2)
Non ho problemi. → Problemi non ne ho.
Tale
tipo di dislocazione serve a porre maggior enfasi sull'oggetto della
frase, piuttosto che sul suo soggetto.
La
dislocazione a destra, invece, avviene quando il soggetto viene
spostato in fondo alla frase e in posizione iniziale viene inserito
un pronome cataforico (che si riferisce cioè a qualcosa posizionata
in seguito.
Esempio:
(3)
(Tu) hai i biglietti, vero? → Li hai tu i biglietti, vero?
La
dislocazione a destra consente di porre maggior enfasi sul verbo.