Le “radiose giornate” sono finite da un pezzo, ben presto sostituite da quelle ben più tediose dell’estate, segnate dalla sospensione delle attività parlamentari che, puntualmente, decretano la più totale apatia mentale degli italiani.
Queste giornate vengono rese ancora più tediose dagli avvenimenti degli ultimi due mesi.
Le radiose giornate sono, ovviamente, quelle che seguirono l'approvazione della legge bavaglio: giorni pieni di entusiasmo per la notizia che giungeva dalla piccola Repubblica d'Islanda.
Il Parlamento di quel Paese, infatti, aveva appena varato la legge presentata dal ministero socialdemocratico di Johanna Sigurðardóttir denominata Icelandic Modern Media Initiative, subito ribattezzata "legge bavaglio", con una maggioranza più che bulgara (su 51 deputati, non vi fu nessun voto contrario e solamente un astenuto).
Salutata da molti come una possibilità di aggirare la normativa italiana, la nuova legge islandese avrebbe potuto essere un richiamo fortissimo sia per molte testate indipendenti italiane (in particolar modo per quelle attive sul web), sia per i partiti d'opposizione.
E invece, calma piatta.
Mentre il PD si limitava a sconfessare l'approvazione al Senato del DDL Intercettazioni con un atto a metà strada tra l'anatema e l'ammissione di impotenza, la notizia della legge della piccola Repubblica atlantica invecchiava rapidamente, fino a cadere nel dimenticatoio.
Frattanto l'iniziativa passava nelle mani dei giornalisti, che per il 9 luglio hanno aderito in massa a uno sciopero che, più che una forma di protesta, assomiglia a una prova generale dell'applicazione dell'ennesima trovata liberticida del governo liberale (?) italiano.
Per l'ennesima volta FNSI e USIGRAI hanno dato una pessima impressione di se, attuando un'autocensura che ha avuto l'esito di danneggiare sia il giornalista che il lettore.
Per il giornalista si tratta di una sconfitta morale, un tradimento al senso del dovere che dovrebbe spingerlo anche alla violazione delle leggi censuratrici per informare il cittadino.
Per il cittadino è una sconfitta civile, in quanto si vede negato il proprio diritto ad essere informato, strettamente legato a quello di poter avere proprie opinioni e di poterle esprimere.
Sì, perchè "chi non sa, non può scegliere", come diceva il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, esempio insuperato di liberalismo politico, decretando una parola nuova e definitiva su questi due diritti fondamentali, così intimamente uniti l'uno all'altro.
Ma i nostri giornalisti sono troppo miopi o troppo impegnati a difendere il loro attestato di buona grammatica per accorgersi di tali sottigliezze.
Meglio quindi continuare a sottostare a direttori di telegiornali che più che impiegati statali sembrano impiegati di governo, oppure a difendere i propri privilegi di casta.
E così, mentre la presidentessa Sigurðardóttir passerà alla storia più come difenditrice della libertà d'informazione che come primo capo di governo omosessuale, in Italia si continuerà a barattare la propria libertà e la propria coscienza in cambio di... di cosa?
Forse dell'immagine edulcorata del mondo che ci offre il filtro dello schermo della televisione, ma non per molto.
L'attuale Primo Ministro islandese, dopo la sconfitta del 1994 alle elezioni per la guida dei socialdemocratici islandesi, aveva annunciato che sarebbe giunto il suo momento.
Ora questo momento è giunto; e presto arriverà anche il nostro, se non è già arrivato.
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