La
maggior parte di chi si preoccupa affatto del problema ammetterebbe
che la lingua inglese è in una brutta situazione, ma generalmente si
presume che non ci sia nulla che possiamo farci per mezzo di
un'azione consapevole. La nostra civiltà è decadente e la nostra
lingua (è questo l'argomento) deve inevitabilmente seguirla nel
collasso generale. Segue che qualsiasi resistenza contro l'abuso
della lingua sia un arcaismo sentimentalista, come il preferire le
candele alla luce elettrica o i calessi agli aeroplani. Al di sotto
di ciò si nasconde la credenza semi-consapevole che la lingua sia
un'evoluzione naturale e non uno strumento cui diamo forma per i
nostri scopi.
Ora,
è chiaro che il declino di una lingua debba avere in ultima analisi
cause economiche e politiche: non è semplicemente a causa della
cattiva influenza di questo o quel singolo scrittore. Ma un effetto
può divenire una causa, rinforzando la causa originaria e producendo
lo stesso effetto in forma intensificata e così via, all'infinito.
Un uomo può cominciare a bere perché si sente un fallito e divenire
un completo fallito perché beve. È la medesima cosa che sta
accadendo alla lingua inglese. Diviene brutta e imprecisa perché i
nostri pensieri sono sciocchi, ma la sciatteria della nostra lingua
ci induce più facilmente a fare pensieri sciocchi. Il punto è che
il processo è reversibile. L'inglese moderno, soprattutto quello
scritto, è pieno di cattive abitudini che si diffondono per
imitazione e che è possibile evitare se si ha la voglia di prendersi
la briga. Se ci si libera di queste abitudini, si può pensare più
chiaramente e ciò è il primo passo necessario verso una
rigenerazione politica: cosicché la lotta contro il cattivo inglese
non è frivola e non è preoccupazione esclusiva degli scrittori
professionali. Vi ritornerò a breve e spero che nel frattempo il
significato di ciò che ho detto sarà divenuto più chiaro. Nel
frattempo, ecco cinque esemplari di come la lingua inglese viene
abitualmente scritta.
I
seguenti cinque passaggi non sono stati scelti perché sono
particolarmente brutti (avrei potuto citare roba ben peggiore, se
avessi voluto) ma perché illustrano numerosi tra i vizi mentali di
cui soffriamo. Sono un po' al di sotto della media ma si tratta di
esempi piuttosto rappresentativi. Li numero così da rendere più
agevoli i riferimenti, quando necessari:
Io non sono, ovviamente, certo se non sia vero l'affermare che il
Milton che un tempo non sembrava dissimile a un Shelley del
diciassettesimo secolo non fosse diventato, a causa di un'esperienza
sempre più amara d'anno in anno, più alieno [sic] al fondatore
della setta gesuitica che nulla potesse indurlo a tollerare.
Professor
Harold Laski
Saggio
sulla Libertà d'Espressione
Soprattutto, non possiamo giocare a rimbalzello con una batteria
predeterminata di modi di dire che prescrive collocazioni egregie di
vocaboli come il semplice veder rosso in
luogo di arrabbiarsi e fare il punto invece
di riepilogare.
Professor
Lancelot Hogben
Interglossa
Da un lato abbiamo la personalità libera: per definizione è non
neurotica, poiché non ha né conflitti, né sogni. I suoi desideri,
così come sono, sono trasparenti, poiché sono ciò che
l'approvazione istituzionale tiene all'avanguardia della
consapevolezza; un altro schema istituzionale ne altererebbe il
numero e l'intensità; c'è poco in essi di naturale, irriducibile o
culturalmente pericoloso. Ma d'altro canto, il legame sociale stesso
non è altro che il maturo riflesso di queste integrità sicure in
sé. Ricordate la definizione di amore. Non è questa l'immagine
stessa di un piccolo accademico? Dov'è il luogo in questa sala
degli specchi per la personalità o la fraternità?
Saggio
sulla psicologia in Politics
(New York)
Tutta la “gente migliore” dei club dei gentiluomini e tutti i
frenetici capitani fascisti, uniti nell'odio comune nei confronti
del Socialismo e dell'orrore bestiale di fronte alla marea crescente
del movimento rivoluzionario di massa, si sono dedicati ad atti di
provocazione, di schifosi attentati incendiari, di leggende
medievali circa pozzi avvelenati, per legalizzare la distruzione da
parte loro delle organizzazioni proletarie e hanno suscitato un
fervore sciovinista presso i piccolo borghesi per conto della lotta
contro la via rivoluzionaria per uscire dalla crisi.
Pamphlet
comunista
Se bisogna infondere un nuovo spirito in questa vecchia nazione, vi
è una riforma spinosa e contenziosa da affrontare, e cioè
l'umanizzazione e la galvanizzazione della BBC. La timidezza sarà
preambolo alla cancrena e all'atrofia dell'anima. Il cuore della
Bretagna può pure essere solido e dal battito forte, ad esempio, ma
il ruggito del leone britannico al presente è come quello di Fondo
nel Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare: soave come
quello di una colomba. Una nuova Bretagna virile non può continuare
a essere tradita agli occhi, o meglio, alle orecchie del mondo dai
languori sorpassati di Langham Place, sfacciatamente mascherato come
“inglese standard”. Quando la Voce della Bretagna si udrà, alle
nove, molto più lontano e infinitamente meno ridicolo di sentire le
acca onestamente ignorate rispetto all'attuale raglio moralista,
inflazionato, inibito, da maestrine di scuola di irreprensibili
signorine miagolanti!
Lettera
al Tribune
Ognuno di questi passaggi ha dei demeriti propri, ma, oltre
all'evitabile bruttezza, sono comuni a tutti due qualità. La prima è
la pesantezza delle immagini, l'altra la mancanza di precisione. Lo
scrittore o ha un significato e non è in grado di esprimerlo, oppure
dice inavvertitamente qualcos'altro, o è quasi indifferente al che
le sue parole significhino qualcosa oppure no. Il miscuglio di
vaghezza e incompetenza bella e buona è una delle più evidenti
caratteristiche della prosa inglese moderna, soprattutto di ogni
genere di scritto politico. Non appena di sollevano certi argomenti,
il concreto si fonde con l'astratto e nessuno sembra essere in grado
di concepire discorsi che non siano triti e ritriti: la prosa
consiste meno e meno di parole scelte in virtù del loro significato,
e sempre più di sintagmi messi assieme come le sezioni di un pollaio
prefabbricato. Elenco qui sotto, corredati da note ed esempi, alcuni
dei trucchi tramite i quali l'opera di costruzione della prosa viene
abitualmente evitata:
Metafore
morenti. Una metafora di recente
invenzione aiuta il pensiero, evocando un'immagine visiva, mentre una
metafora che è tecnicamente “morta” (p. es. “risoluzione
ferrea”) è in effetti divenuta una parola ordinaria e generalmente
può essere utilizzata senza perdita di vividezza.
Ma nel mezzo di queste due classi c'è un enorme ammasso di metafore
consunte che hanno perduto tutto il potere evocativo e sono usate
meramente perché risparmiano al parlante il problema di inventare
dei sintagmi da sé. Alcuni esempi sono: cambiare aria,
imbracciare le armi,
fare qualcosa in barba a qualcuno,
stare spalla a spalla pescare
in acque torbide, all'ordine del giorno, tallone d'Achille, canto del
cigno, focolaio di.
La maggior parte di queste vengono usate senza conoscerne il
significato (ad esempio,
cos'è una “rottura”?) e spesso vengono mischiate metafore
incompatibili, segno sicuro che lo scrittore non è interessato a ciò
che dice. Il senso originario di alcune di queste metafore è stato
distorto senza che coloro che le utilizzano siano persino consci di
ciò. Ad esempio, toe the line
viene talvolta scritto come tow the line.
Un altro esempio è quello dell'incudine e del martello, ad oggi
usato costantemente che sia il martello ad avere la peggio. In realtà
è sempre l'incudine a rompere il martello, mai il contrario: uno
scrittore che ha smesso di pensare a ciò che dice eviterebbe di
corrompere la frase originale.
Operatori
o protesi verbali. Ciò
risparmia l'affanno di scegliere i verbi e nomi appropriati e allo
stesso tempo tappezzano ogni frase di sillabe extra che le donano una
parvenza di simmetria. Frasi caratteristiche sono rendere
inoperativo, militare contro, prendere contatto con, essere soggetto
a, dare rilancio a, dare motivo di, avere l'effetto di, giocare un
ruolo trainante in, avere effetto, esibire una tendenza a, servire lo
scopo di, ecc. ecc. La nota
fondamentale è l'eliminazione dei verbi semplici. Invece di usare
una sola parola, come rompere, fermare, danneggiare, riparare,
uccidere, un verbo diviene un sintagma composto da un nome o
aggettivo unito a un verbo generico come dimostrare, servire,
formare, giocare, rendere. Inoltre, la voce passiva viene usata
ovunque possibile rispetto a quella attiva e si usano costruzioni
nominali invece di gerundi (tramite esame
invece di esaminando).
La gamma di verbi viene ulteriormente limitata per mezzo delle
formazioni in -izzare e in -de e viene conferita una parvenza di
profondità alle affermazioni banali per mezzo della formazione in
non + in-. Le congiunzioni e le preposizioni semplici vengono
sostituite da sintagmi quali con riferimento a, visto il,
il fatto che, a forza di, in vista di, nell'interesse di, ipotizzando
che; e i finali di frase sono
salvati dal climax discendente da luoghi comuni clamorosi come
fortemente auspicabile, non è possibile ignorare, ci si
aspettano sviluppi nel prossimo futuro, meritevole di considerazione,
condotto a conclusione soddisfacente
e così via.
Dizione
pretenziosa. Parole come
fenomeno, elemento, individuo, obiettivo, categorico, effettivo,
virtuale, basilare, primario, promuovere, costituire, esibire,
sfruttare, utilizzare, eliminare, liquidare vengono usate per
imbellire un'affermazione semplice e donare un'aria di imparzialità
scientifica a giudizi pregiudizievoli. Aggettivi come epocale,
epico, storico, indimenticabile, trionfante, antico, inevitabile,
inesorabile, genuino sono usati
per dignificare il processo sordido della
politica internazionale, mentre la scrittura che mira a glorificare
la guerra prende solitamente una coloritura arcaica, le cui parole
caratteristiche sono: regno, trono, carro, pugno di ferro,
tridente, spada, scudo, stendardo, stivalone, squillante.
Espressioni e parole straniere come cul de sac, ancien regime, deus
ex machina, mutatis mutandis, status quo, gleichschaltung,
weltanschauung
sono usate per dare un'aria di cultura ed eleganza. Oltre alle utili
abbreviazioni i.e., e.g. ed etc., non vi è alcuna reale necessità
delle centinaia di sintagmi stranieri attualmente correnti nella
lingua inglese. I cattivi scrittori, e soprattutto quelli
scientifici, politici e sociologici, sono quasi sempre perseguitati
dalla nozione che le parole latine o greche siano più maestose di
quelle sassoni e parole non necessarie come espedire, migliorare,
predire, estraneo, sradicato, clandestino, subacqueo e centinaia di
altre guadagnano costantemente terreno a scapito di quelle
anglosassoni.
Il gergo particolare della
scrittura marxista (iena, boia, cannibale, piccolo borghese, questa
gentry,
lacchè, servo, cane pazzo, Guardia Bianca,
ecc.) consistono in larga misura di parole tradotte
dal russo, dal tedesco o dal francese; ma il modo normale di coniare
una nuova parola è quello di usare la radice greca o latina con
l'affisso appropriato e, quando necessario, con interventi sulla
lunghezza. È spesso più facile inventare parole di questo tipo
(deregionalizzare, inammissibile, extra-matrimoniale
e così via) piuttosto che pensare a quali parole inglesi rendano ciò
che si intende. Il risultato, in genere, è un aumento della
sciatteria e della vaghezza.
Parole
senza senso. In alcuni tipi di
scrittura, in particolare nella critica d'arte e letteraria, è
normale imbattersi in lunghi passaggi che mancano quasi completamente
di significato.
Parole come romantico, plastico, valori, umano, morto,
sentimentale, naturale, vitalità,
per come sono usati nella critica d'arte, sono strettamente
insensate, nel senso che non solo non si riferiscono ad alcun oggetto
conoscibile, ma difficilmente ci si aspetta che il lettore vi faccia
riferimento. Quando un critico scrive “La caratteristica di spicco
dell'opera
di X è la sua qualità vivida”, mentre un altro scrive “La cosa
che colpisce immediatamente dell'opera
di X è il
suo particolare esser morta”, il lettore li accetta come una
semplice divergenza d'opinione.
Se fossero utilizzate parole come bianco e nero, invece di parole
gergali come morto e vivente, capirebbe in un attimo che la lingua è
utilizzata in maniera impropria. Similmente, si abusa di molte parole
della politica. La parola fascismo
ad oggi non ha alcun significato, in quanto significa “qualcosa non
desiderabile”. Le parole democrazia, socialismo, libertà,
patriottico, realistico, giustizia
hanno numerosi significati diversi che non si possono riconciliare
gli uni con gli altri. Nel caso di una parola come democrazia, non
solo non vi è una definizione condivisa, ma il tentativo di fornirne
una viene contestata da tutte le parti. Si ha la sensazione quasi
universale che quando diciamo che una nazione è democratica, la
stiamo elogiando: di conseguenza, i difensori di qualsiasi tipo di
regime sostengono che questo è una democrazia e temono di dover
smettere di usare quella parola, se fosse legata a qualsiasi
significato. Affermazioni come Il maresciallo Pétain era
un vero patriota, La stampa sovietica è la più libera del mondo, La
Chiesa Cattolica si oppone alle persecuzioni
vengono quasi sempre enunciate con l'intento di ingannare. Altre
parole usate con significati variabili, nella maggior parte dei casi
in maniera più o meno disonesta, sono: classe,
totalitario, scienza, progressista, reazionario, borghese,
uguaglianza.
Ora che ho elencato questo catalogo di raggiri e perversioni,
lasciatemi fornire un altro esempio di ciò a cui portano. Stavolta
deve trattarsi per sua natura di un testo immaginario. Tradurrò un
passaggio in buon inglese in inglese moderno del tipo peggiore. Ecco
un famosissimo passo dall'Ecclesiaste:
Io mi sono rimesso a considerare che, sotto il sole, per correre non
basta essere agili, né basta per combattere essere valorosi, né
essere saggi per avere del pane, né essere intelligenti per avere
delle ricchezze, né essere abili per ottenere favore; poiché tutti
dipendono dal tempo e dalle circostanze.
Eccolo in lingua moderna:
Le considerazioni oggettive sui fenomeni contemporanei urgono alla
conclusione che il successo o il fallimento nelle attività
competitive non mostrano tendenza a poter essere commensurate con le
capacità innate, ma che bisogna invariabilmente prendere in
considerazione un considerevole elemento di imprevedibilità.
È una parodia, ma non una molto grossolana. L'esempio (3) qui sopra,
ad esempio, contiene numerosi spezzoni della stessa tipologia di
lingua. Ci si accorgerà che non ho fatto una traduzione completa.
L'inizio e la fine della frase seguono il significato originale
piuttosto da vicino, ma le illustrazioni concrete in mezzo (di corsa,
battaglia, pane) si dissolvono nei sintagmi vaghi “il successo o il
fallimento nelle attività competitive”. Doveva essere così,
perché nessuno scrittore moderno del tipo di cui sto discutendo
(nessuno in grado di usare sintagmi come “le considerazioni
oggettive sui fenomeni contemporanei”) pianificherebbe mai i suoi
pensieri in maniera così precisa e dettagliata. La tendenza
predominante della prosa moderna è lontana dalla concretezza.
Analizziamo queste due frasi un po' più da vicino. La prima contiene
cinquanta parole, ma soltanto poco più di un centinaio di sillabe e
tutte le sue parole provengono dalla vita quotidiana. La seconda
contiene meno parole, ma più sillabe. La prima frase contiene sei
immagini vivide e solo un sintagma (“dal tempo e dalle
circostanze”) che si possa ritenere vago. La seconda non contiene
un singolo sintagma fresco o notevole e, nonostante il maggior numero
di sillabe, dà solo una versione abbreviata del significato
contenuto nella prima. Eppure non vi è dubbio che sia il secondo
tipo di frase a star guadagnando terreno nel linguaggio moderno. Non
voglio esagerare. Questo tipo di scrittura non è ancora universale e
degli affioramenti di semplicità compaiono qui e là nella pagina
peggio scritta. Ma, se a uno di noi venisse chiesto di scrivere
qualche riga sull'incertezza delle fortune umane, dovremmo
probabilmente avvicinarci di più alla mia frase immaginaria, che a
quella delle Ecclesiaste.
Come ho cercato di mostrare, la scrittura moderna, nelle sue vesti
peggiori, non consiste nello scegliere parole in base al loro
significato e inventare immagini per renderne più chiaro il
significato. Consiste nell'incollare lunghe strisce di parole che
sono state messe in ordine da qualcun altro e rendendo i risultati
presentabili tramite un'evidente truffa. L'attrattiva di questo modo
di scrivere risiede nella sua facilità. È più facile (persino più
veloce, quando ci si fa l'abitudine) dire Secondo il mio parere,
non è una supposizione ingiustificata che dire Credo che.
Se si utilizzano sintagmi pronti all'uso non solo non si deve andare
in cerca delle parole, ma non ci si deve nemmeno preoccupare del
ritmo delle frasi, dal momento che tali sintagmi sono disposti in
maniera tale da risultare più o meno armoniosi. Quando si compone di
fretta (quando si detta a uno stenografo, ad esempio, o pronunciando
un discorso pubblico) è naturale cadere in uno stile pretenzioso e
latineggiante. Conclusioni come una considerazione che faremmo
bene a tenere a mente o una conclusione con cui ognuno di noi
concorderebbe prontamente risparmierà che molte frasi finiscano
con un tonfo. Usando metafore, similitudini e modi di dire vecchi ci
si risparmia uno sforzo mentale considerevole, al costo di lasciare
vago il significato, non solo per il lettore, ma anche per se stessi.
È questa l'importanza delle metafore miste. L'unico scopo di una
metafora è di richiamare un'immagine visiva. Quando queste immagini
cozzano (come in La piovra fascista ha cantato il proprio canto
del cigno, lo stivalone è stato gettato nel crogiolo) si
può dare per certo che lo scrittore non vede un'immagine mentale
degli oggetti che sta menzionando: in altre parole, in realtà non
pensa. Guardiamo di nuovo gli esempi che ho fornito all'inizio di
questo saggio. Il professor Laski (1) usa cinque negazioni in
cinquantadue parole. Uno di questi è superfluo, rendendo insensato
l'intero passaggio e, inoltre, vi è un refuso (alieno invece di
simile)
che lo rende ancora più insensato e vari esempi evitabili di
goffaggine che ne aumentano la vaghezza generale. Il professor Hogben
(2) gioca a rimpiattino con una batteria che è in grado di scrivere
prescrizioni e, sebbene non approvi l'utilizzo comune di vedere
rosso, non ha voglia di aprire il dizionario e cercarne il
significato per sapere cosa significa; (3), se si assume un
atteggiamento poco ben disposto nei suoi confronti, è semplicemente
insensato: probabilmente è possibile ricostruirne il significato che
l'autore intendeva dargli leggendo l'intero articolo in cui compare.
In (4), l'autore sa più o meno cosa vuole dire, ma l'accumulo di
sintagmi stantii lo soffoca, come foglie di tè nello scarico del
lavandino. In (5), le parole e il significato hanno quasi preso
strade diverse. Chi scrive in questo modo ha un significato emotivo
generale (detestano qualcosa e vogliono esprimere solidarietà nei
confronti di un'altra), ma non è interessato ai dettagli di ciò che
dice. Uno scrittore scrupoloso si porrà, dopo ogni frase scritta,
almeno quattro domande, ossia:
Cosa voglio dire?
Quali parole lo esprimono?
Quale immagine o modo di dire lo renderà più chiaro?
Quest'immagine è abbastanza nuova da avere effetto?
E probabilmente se ne porrà altre due:
Posso esprimerlo più in breve?
Ho detto qualcosa in un brutto stile che potevo evitare?
Ma non si è obbligati a porsi tutti questi problemi. Li si possono
evitare aprendo semplicemente la mente e lasciare che venga affollata
da formule già pronte. Esse costruiranno le vostre frasi per voi (e
persino i vostri pensieri, fino a un certo punto) e se necessario
eseguiranno l'importante servizio di nascondere parzialmente il
significato persino a voi stessi. È a questo punto che la
connessione speciale tra la politica e lo svilimento della lingua
diviene chiaro.
Nella nostra epoca, è largamente vero che la scrittura politica sia
una pessima scrittura. Quando ciò non è vero, si scoprirà
generalmente che lo scrittore è un qualche tipo di ribelle che
esprime le proprie opinioni personali e non una “linea di partito”.
L'ortodossia, di qualunque colore essa sia, sembra domandare uno
stile imitativo e smorto. I dialetti politici rinvenibili nei
pamphlet, negli articoli di fondo, nei manifesti, nei libri bianchi e
nei discorsi dei sottosegretari variano certamente da partito a
partito, ma sono tutti accomunati dall'impossibilità di ritrovarvi
una figura retorica fresca, vivida, originale. Quando si ascolta un
vecchio ronzino che ripete meccanicamente le espressioni familiari
sul palco del comizio, come atrocità bestiali, tallone di ferro,
tirannia sanguinaria, i popoli liberi del mondo, stare spalla a
spalla, si ha spesso la singolare sensazione di non stare
osservando un essere umano, ma una specie di marionetta, sensazione
che diviene improvvisamente più forte nei momenti in cui la luce
viene riflessa dagli occhiali dell'oratore, tramutandoli in dischi
vuoti che non sembrano avere degli occhi al di là di essi. E non si
tratta nemmeno di lasciarsi prendere dalla fantasia: un oratore che
usa quel tipo di fraseologia ha già intrapreso la strada verso il
tramutarsi in una macchina. I suoni adatti provengono dalla laringe,
ma il cervello non è coinvolto nella stessa misura in cui lo sarebbe
se stesse scegliendo le parole da sé. Se il discorso che sta
pronunciando gli è familiare a furia di averlo ripetuto in
continuazione, potrebbe essere quasi inconsapevole di ciò che dice,
come quando si pronunciano le risposte in chiesa. E tale stato di
consapevolezza ridotta, seppur non indispensabile, è ad ogni modo
favorevole alla conformità politica.
Nella nostra epoca, l'oratoria e la scrittura politica sono in larga
misura la difesa dell'indifendibile. Cose come la continuazione della
dominazione britannica in India, le purghe e le deportazioni russe,
lo sgancio delle bombe atomiche sul Giappone possono sicuramente
essere difese, ma solo tramite argomenti troppo brutali per poter
essere affrontati dalla maggior parte delle persone e che non
coincidono con gli scopi dichiarati dei partiti politici. Così, la
lingua della politica deve consistere in larga parte di eufemismi,
ragionamenti circolari e altre vaghezze belle e buone. Villaggi
inermi vengono bombardati, gli abitanti scacciati nelle campagne, il
bestiame ucciso a colpi di mitragliatrice, le capanne date alle
fiamme con proiettili incendiari: si chiama pacificazione.
Milioni di contadini vengono privati delle loro fattorie e costretti
a divenire profughi, portando con sé solo ciò che sono in grado di
trasportare a spalla: ciò è detto trasferimento di popolazione
o rettificazione delle frontiere. La gente viene detenuta per
anni senza processo, o giustiziata con un o sparo alla testa o
condannata a morire di stenti in segherie nel circolo polare artico:
si chiama eliminazione di elementi inaffidabili. Una tale
fraseologia è necessaria se si vuole nominare qualcosa senza
evocarne un'immagine mentale. Considerate ad esempio un agiato
professore inglese che difende il totalitarismo russo. Non può
ammettere candidamente “Credo che l'eliminazione fisica degli
avversari sia un bene, se è possibile ottenerne un vantaggio”.
Dunque, dirà probabilmente qualcosa del genere:
“Sebbene ammetta in tutta franchezza che il regime sovietico mostri
alcune caratteristiche che gli umanitari possano essere inclini a
deplorare, dobbiamo, ritengo, concordare sul fatto che una riduzione
della destra all'opposizione politica sia una concomitanza
inevitabile dei periodi transitori e che i rigori a cui il popolo
russo è stato chiamato sono ampiamente giustificati nella sfera dei
risultati concreti.”
Lo stile inflazionato è in sé un tipo di eufemismo. Una massa di
parole forbite ricade sui fatti come neve soffice, sfocando i
contorni e nascondendo tutti i dettagli. Il grande nemico della
lingua chiara è l'insincerità. Quando vi è una separazione tra gli
scopi reali e dichiarati, ci si rivolge come per istinto alle parole
lunghe e ai modi di dire logori, come una seppia che sputa
inchiostro. Nella nostra epoca non esiste qualcosa come “lo stare
alla larga dalla politica”. Tutti i problemi sono problemi politici
e la politica stessa è una massa di bugie, sotterfugi, follie, odio
e schizofrenia. Quando l'atmosfera generale è guasta, la lingua deve
soffrirne. Mi aspetterei di trovare (è questa una supposizione che
le mie conoscenze non mi consentono di verificare) che la lingua
tedesca, quella russa e quella italiana si siano deteriorate negli
ultimi dieci o quindici anni, come risultato della dittatura.
Ma se il pensiero corrompe la lingua, anche la lingua può corrompere
il pensiero. Un cattivo uso può diffondersi per tradizione e
imitazione anche tra persone che dovrebbero saperne e ne sanno di
più. La lingua degradata che ho discusso è talvolta molto
conveniente. Sintagmi del tipo non è una supposizione
ingiustificabile, lascia molto a desiderare, non condurrà a
buon esito, una considerazione che faremmo bene a tenere a mente
sono una tentazione continua, uno scatolo di aspirina sempre a
portata di mano. Riscorrete questo saggio e sicuramente troverete che
ho commesso in continuazione gli stessi errori contro cui protesto.
Con la posta di stamane ho ricevuto un pamphlet sulle condizioni in
Germania. L'autore mi scrive che si è “sentito il dovere” di
scriverlo. L'ho aperto su una pagine a caso, ed ecco una delle prime
frasi che ho visto: “[Gli Alleati] hanno non solo l'opportunità di
ottenere una trasformazione radicale della struttura sociale e
politica della Germania al fine di evitare una reazione
nazionalistica nella Germania stessa, ma al contempo di porre le
fondamenta di un'Europa cooperativa e unita”. Vedete, si “sente
in dovere” di scrivere, ovvero sente, presumibilmente, di aver
qualcosa di nuovo da dire, eppure le sue parole si raggruppano
automaticamente in una triste formazione a loro familiare, come i
cavalli allo squillo di tromba. L'invasione della mente di
espressioni pronte all'uso (porre le fondamenta, ottenere una
trasformazione radicale) si può evitare solamente se si è
costantemente in guardia e ogni espressione del genere anestetizza
una porzione del cervello.
Poco fa ho detto che la decadenza della lingua è probabilmente
curabile. Coloro che lo negano sottolineerebbero (sempre che ne siano
in grado) che una lingua non è altro che il riflesso di condizioni
sociali esistenti e che non ne possiamo influenzare lo sviluppo
smanettando direttamente con le parole e i costrutti. Per quel che
riguarda il tono generale o lo spirito della lingua, ciò può essere
vero, ma non è vero in dettaglio. È capitato spesso che sparissero
espressioni e parole stupide, non grazie a un processo evolutivo, ma
grazie all'azione consapevole di una minoranza. Due esempi recenti
sono battere tutte le strade e non escludere nessuna
possibilità, scomparse grazie alla derisione messa in atto da
alcuni giornalisti. C'è una lunga lista di metafore inutili che
potrebbero essere eliminate, se un numero sufficiente di persone si
interessasse a tale compito e potrebbe essere anche possibile
deridere l'esistenza stessa della formazione in in-, ridurre la
quantità di latino e greco nella sentenza media ed eliminare
espressioni straniere e parole scientifiche a sproposito e, più in
generale, rendere la pretenziosità fuori moda. Ma tutti questi sono
punti minori. La difesa della lingua inglese implica più di ciò ed
è forse meglio iniziare col dire cosa ciò non implica.
Per iniziare, non ha nulla a che vedere con gli arcaismi, col
salvataggio di parole e figure retoriche obsolete o con la creazione
di un “inglese standard” da cui non allontanarsi mai. Al
contrario, è necessario eliminare ogni parola o modo di dire che non
siano più utili. Non ha nulla a che vedere con una grammatica e una
sintassi corretta, che non hanno importanza, a patto che il
significato sia chiaro, o l'evitare gli americanismi, o avere ciò
che si chiama “un buono stile prosaico”. D'altro canto, non
riguarda la finta semplicità o il tentativo di rendere l'inglese
scritto più colloquiale. Né implica la preferenza della parola
anglosassone a quella latina sempre e in ogni caso, sebbene implichi
l'utilizzo di meno parole e parole più corte che possano esprimere
il significato. Ciò che più di tutto è necessario è il lasciare
che il significato scelga le parole, non il contrario. Nella prosa,
la cosa peggiore che si possa fare con le parole è arrendersi ad
esse. Quando si pensa a un oggetto concreto, l si fa senza le parole
e poi, se si vuole descrivere la cosa che si è visualizzata, si va
in cerca delle parole più adatte. Quando si pensa a qualcosa di
astratto si è più inclini a usare le parole sin da subito e, a meno
di non fare uno sforzo consapevole per evitarlo, il dialetto
esistente irromperà, facendo il lavoro al posto dello scrittore, al
costo di affievolire o persino cambiare il significato. È forse
meglio rimandare l'uso delle parole il più a lungo possibile e
rendere il significato più chiaro possibile tramite immagini e
sensazioni. In seguito sarà possibile scegliere (e non semplicemente
accettare) le espressioni che meglio rendono quel significato e poi
fare il contrario; decidere quali impressioni è più probabile che
le proprie parole evochino in un'altra persona. L'ultimo sforzo
mentale elimina tutte le immagini vecchie o ambigue, tutte le
espressioni prefabbricate, le ripetizioni inutili, le ipocrisie e, in
generale, la vaghezza. Ma si può essere spesso in dubbio
sull'effetto di una parola o di una espressione e c'è il bisogno di
regole su cui poter fare affidamento quando l'istinto non basta.
Credo che le seguenti regole coprano la maggior parte dei casi:
Non usare mai una metafora, una similitudine o altre figure
retoriche che si è soliti vedere sulla carta stampata;
Non usare mai una parola lunga, se una breve è sufficiente;
Se è possibile cancellare una parola, fallo sempre;
Non usare mai la costruzione passiva, se è possibile usare quella
attiva;
Non usare mai un'espressione straniera, una parola scientifica o
gergale se sei in grado di pensare al suo equivalente in inglese
corrente;
Infrangi queste regole prima di dire qualcosa di apertamente
barbaro.
Queste regole sembrano elementari perché lo sono, ma richiedono un
profondo cambiamento di atteggiamento in chiunque si sia abituato a
scrivere nello stile che oggi va di moda. È possibile attenersi a
tutte loro, ma scrivere comunque male, ma non è possibile scrivere
cose del tipo che ho citato in quei cinque esemplari all'inizio di
questo articolo.
Non ho considerato l'uso letterario della lingua, ma solo la lingua
come strumento per esprimere il pensiero, non per nasconderlo o
impedirlo. Stuart Chase e altri sono giunti vicino all'affermare che
tutte le parole astratte non hanno significato e l'hanno usato come
pretesto per sostenere un tipo di quietismo politico. Dal momento che
non sapete cosa sia il fascismo, come lo si può combattere? Non c'è
bisogno di ingoiare assurdità del genere, ma bisogna riconoscere che
l'attuale caos politico è connesso al decadimento della lingua e che
è probabilmente possibile apportare dei miglioramenti a partire
dalla lingua. Se si semplifica l'inglese si è liberi dalle peggiori
follie dell'ortodossia. Non si è in grado di parlare nessuno dei
dialetti necessari e quando si fa un'affermazione stupida, la sua
stupidità sarà ovvia persino a se stessi. Il linguaggio politico (e
con variazioni vere per tutti i partiti politici, dai conservatori
agli anarchici) ha come intento quello di rendere le bugie verosimili
e l'assassinio rispettabile, oltre che a dare una parvenza di
solidità a una capanna di giunchi. Non è possibile cambiare tutto
ciò in un momento, ma è per lo meno possibile cambiare le proprie
abitudini e, di tanto in tanto, è persino possibile, se lo si deride
abbastanza forte, buttare qualche espressione consunta e inutile
(come
stivalone, tallone d'Achille, vespaio, crogiolo,
prova decisiva, vero inferno o altri tipi di rifiuti verbali)
nella spazzatura, dov'è giusto che finiscano.
George Orwell