Illustrazione di Julie Dillon. |
Per gentile concessione dell’autrice e di Tor.com ho avuto il permesso di tradurre in
italiano questo interessante racconto che mi ha ricordato un po’ le atmosfere
orwelliane di 1984 e quelle di Minority Report.
Forse sarò un patito delle ambientazioni distopiche, oppure
il racconto merita davvero; lascerò che siano i lettori a giudicare.
Anteprima
Fantine era molto fortunata a lavorare per il Ministero del Cambiamento. Aveva sentito sua madre dirlo alle vecchiette dell'isolato troppe volte per dimenticarsene e ciò che le vecchiette sapevano diveniva verità tramite una qualche alchimia sconosciuta persino al Ministero.
"Dopo ciò che è successo a Reginald...", avrebbe
detto sua madre e le vecchie avrebbero sibilato "Sì, sì", desiderose
di distogliere al più presto il discorso da Reginald. Reginald era il padre di Fantine e nessuno
aveva voglia di parlarne troppo a lungo, men che meno porre troppe domande
sbagliate, cosa che era stata uno dei suoi principali difetti. Era scomparso
dopo aver criticato il modo in cui il governo aveva gestito l'epidemia di peste
colerica terziaria, cinque anni prima.
"Dopo ciò che è successo a Reginald non so cosa avremmo
fatto, se il Ministero non si fosse interessato a Fantine."
"Beh, si occupano di lei sotto ogni aspetto.",
avrebbe detto la vecchia signora Wu, sollevando una delle sue tovaglie da
tavola ricamate, prima di appenderla ad asciugare. Nessuno sapeva come la
vecchia signora Wu avesse avuto le tovaglie che un tempo tutti avevano, ma le
lavava tre, quattro volte a settimana ed erano la decorazione del quartiere che
sventolava sotto la brezza come bandierine votive, o di resa, cosa che la
vecchia signora Wu non aveva mai fatto nella sua vita, né lo avrebbe mai fatto,
che Fantine o chiunque al Ministero potesse vedere. La vecchia signora Wu era
una dei monoliti della vita, un'ancora, una pietra angolare.
"Com'è che ci sono così tante parole che hanno a che fare
con le pietre?" Chiese Fantine a Mercutia, che lavorava al ministero da
quando Fantine ancora andava a scuola.
Mercutia fece spallucce. "Non è compito mio saperlo.
Chiedi a qualcun altro."
"Come mai ci fanno fare la pausa cioccolata ogni giovedì
mattina? È bello. Non avevo mai nemmeno visto del cacao prima..."
"Lascia che ti spieghi." Mercutia bevve un sorso
dalla sua tazzina di cioccolata, dal momento che era giovedì mattina e dunque
il giorno in cui il loro collega Hector scendeva con calma nel caveau e versava
una quantità razionata di polvere di cacao nella casseruola. "Ai vecchi
tempi, la gente beveva cioccolata quando voleva. Prima della guerra."
"No!"
"Sì, invece.", affermò Mercutia, le treccine che le
rimbalzavano contro il collo, così come i suoi simboli. "E a noi la danno
per ricordarcene. Per ricordarci di com'era, di come... Di come vogliamo che
sia. Quando venne fondato il Ministero, si sperava che noi avremmo potuto
controllare il cambiamento, invece di fare grafici e classificazioni."
Questa scoperta sconvolse Fantine talmente tanto che rimase
insolitamente silenziosa per il resto della pausa cioccolata, persino fino
all'ora di pranzo, quando Mercutia ed Hector dovettero punzecchiarla per far sì
che fosse di qualche compagnia durante il pasto. Suddivise le carte e le
chiavi, la sua principale occupazione, in maniera meccanica, mentre i tubi
pneumatici li portavano lontani da lei, fino al cuore del Ministero. Guidare il
cambiamento della nazione, del mondo, invece di tracciarne solo un profilo?
Sembrava quasi un'eresia.
Di certo non sembrava qualcosa concessa a qualcuno con la paga
di Fantine, indifferentemente da ciò che il resto del Ministero stava facendo.
Il suo lavoro consisteva nell'ordinare le chiavi in base alla forma e alle
dimensioni, cosa abbastanza semplice, che tutti i suoi compagni di classe
avrebbero potuto fare, e catalogare i sogni nelle cartelle appropriate. I sogni
erano più difficili da ordinare. Dovevano essere raccolti assieme agli indizi
delle predizioni dei sogni passati e con la conoscenza di quanto un sognatore
individuale potesse spingersi nel futuro. Adesso che era un'esperta, Fantine
lavorava su centinaia di file di sognatori a settimana e ciò era piuttosto
difficile. Non aveva idea di come li avrebbe indotti a sognare in maniera
differente. Non li aveva mai incontrati, non aveva nemmeno mai visto i loro
nomi; erano solo numeri e codici colore e schede compilate a mano.
Eppure, l'idea la intrigava talmente tanto che continuò a
giocherellarci mentre tornava a casa, al punto da quasi non accorgersi che il
percorso del tram era stato modificato per compensare le perdite causate dal
bombardamento di quel pomeriggio che si era abbattuto sul quinto distretto.
Dovette prendere la linea viola e poi quella gialla invece della solita verde e
arrivò a casa abbastanza tardi da vedere sua madre seduta sui gradini che
diceva alle vecchiette che, sebbene fossero fortunate che il Ministero del
Cambiamento si fosse interessato a Fantine, era ogni volta un mistero se si
sarebbero mai più riviste. Si accorse tardivamente delle macerie sotto i suoi
piedi, portate fin dal quinto distretto, e del modo in cui le sue dita
odorassero ancora delle chiavi ramate.
"Sono qui, Mamma," disse, e poi di nuovo, come se
tutte la stessero fissando, "Sono qui.". Sollevò sua madre per il
gomito coperto di mussolina e la condusse nel loro appartamento. Per cena
c'erano patate e i resti del maiale della sera prima, preparato con i resti del
lunedì. Il Ministero del cambiamento non aveva mai mostrato il minimo interesse
per la madre di Fantine.
"Perlomeno oggi non ho dovuto mettermi in coda per il
razionamento," blaterò la madre di Fantine, "ma il bombardamento, oh,
è nel quinto distretto che incontrai tuo padre e conoscevo tante persone lì...
La maggior parte è stata evacuata, ma ci saranno dei rifugiati che vivranno in
qualche pertugio... Non sorprenderti se dovremo ospitare tua cugina Desiree per
qualche tempo... E credo che manchi almeno una delle figlie dei Chao, proprio
non la si trova, e..."
"Madre", disse Fantine, e poi con ulteriore enfasi,
"Mama. Siediti. Fai cena. Mangiati
le tue belle patate. Non posso mangiarle tutte io, anche tu domani dovrai
lavorare."
Sua madre scoppiò in lacrime, ma mangio le sue patate e
ascoltarono la radio assieme. Il Ministro di Stato disse che avevano un piano
per evitare che il nemico usurpasse altri distretti e c'era una nuova
canzonetta allegra che tutti dovevano imparare. Fantine e sua madre la
ripeterono a dovere. Poi uscirono sui gradini per ascoltare ciò che tutti
avevano da dire sulla trasmissione e sui loro sogni, su cosa tutto ciò poteva
significare.
Ti-Jean, il nipote della vecchia signora Wu lavorava al
Ministero della Guerra ed era pieno di spacconate egocentriche sui nuovi
movimenti di truppe e come avrebbero cacciato il nemico. Voleva solo poter
fornire altri dettagli. Tutti volevano chiedere a Fantine cosa avesse detto il
Ministro del Cambiamento, ma nessuno voleva essere quello che avrebbe porto la
domanda. Fantine non aveva mai detto loro molto da quando aveva iniziato a
lavorare lì e i suoi vicini pensarono che fosse perché il suo lavoro al
Ministero fosse coperto da segreto.
Fantine era troppo in imbarazzo per parlar loro delle pause
cioccolata o del modo in cui sapeva ordinare le chiavi, quelle grandi e quelle
piccole, il dolce tonfo e risucchio che i contenitori per il tubo pneumatico
facevano, cosi isolato dai bombardamenti di fuori.
[Continua…]
Clicca qui per scaricare il racconto in formato PDF (627 KB) (consigliato per la stampa e la lettura su PC e Tablet)
Clicca qui per scaricare il racconto in formato EPUB (123 KB) (consigliato per la lettura su ebook e smartphone)
L’immagine di copertina è opera di Julie Dillon
Nessun commento:
Posta un commento